Intervista a Paola Merolli – architetto e scrittrice di testi teatrali, di narrativa e per l’infanzia.

Amici di “Donne con le gonne”, oggi è con noi una scrittrice. Nata a Roma, ha vissuto tra Londra, Parigi e New York, dove si è laureata in Architettura, lei è Paola Merolli.

Dall’amore per l’architettura a quello per la scrittura. C’è qualcosa che in qualche modo lega i due mondi? Qual è stato il percorso che ti ha spinta a “raccontare”?

In effetti sembra incredibile, dall’architettura alla scrittura, però è andata proprio così. In un momento difficile del mio lavoro, io sono architetto d’interni, un mio amico regista mi chiese se gli davo una mano con la scenografia del suo spettacolo. Mentre lavoravo con lui, gli ho fatto leggere dei testi che avevo scritto. Gli sono piaciuti e mi ha chiesto: – ” Ma perché non continui a scrivere?”.

Quello era stato il mio sogno fin da piccola, però ho sempre avuto paura di non essere all’altezza. Alla fine ho preso coraggio e finalmente ho realizzato il mio sogno. Ho iniziato a scrivere prima per il teatro e poi anche la narrativa. L’architettura e la scrittura in realtà sono vicine, perché l’architettura ha a che fare con forme, con volumi, con pieni, con vuoti, così come le parole, con i segni, con i suoni che creano altre architetture. Sono mondi che alla fine non sono così lontani, sono tutti e due delle architetture che provocano delle emozioni, che stimolano la curiosità, la voglia di ricerca, il senso della meraviglia, la bellezza, in tutti e due i casi la bellezza è fondamentale. Alla fine hanno convissuto e mi hanno portato uno e l’altro tante cose importanti nella mia vita.

Aver conosciuto città diverse, ti ha permesso di apprezzare culture differenti. Cosa accomuna le donne dei posti in cui hai vissuto e cosa le distingue?

Ho sempre viaggiato, sin da piccola, prima con i miei genitori e poi per conto mio, avevo la valigia sempre pronta. Viaggiare non era soltanto un fatto di curiosità, di voglia di scoprire, ma c’era forse in fondo un senso di insoddisfazione. Forse era anche una maniera di scappare da determinati problemi, forse anche da me stessa. Noi donne abbiamo percorsi difficili da affrontare, non solo per scoprire noi stesse, chi siamo, cosa vogliamo, ma anche per riuscire a realizzarlo. Però siamo determinate a farlo, tutte le donne che ho conosciuto in giro per il mondo, sono sempre state donne forti, anche perché abbiamo questo scopo in comune.

Con tutte le donne che ho incontrato, in Asia, in India, in America, in Europa, che erano differenti per età, per lingua, per abitudini, c’era un riconoscimento istantaneo, anche senza le parole, ci riconoscevamo solo guardandoci. E’ un’appartenenza che va al di là di ogni differenza culturale o geografica, è questa la nostra forza. Dovunque siamo nate, dovunque ci incontriamo, abbiamo una grande capacità di empatia e abbiamo questa forza, quella che si chiama resilienza, dovuta a secoli di apprendistato. Possiamo subire urti e non spezzarci. Non abbiamo paura dei cambiamenti, perché abbiamo un cambiamento fondamentale primario, che è quello del diventare madre e anche chi non diventa madre, comunque lo ha dentro nel suo DNA.

Riusciamo a riorganizzare e riorganizzarci di fronte a tutte le difficoltà, riusciamo a ripartire da zero e inventarci nuove vite. Abbiamo voglia di condividere e di accogliere. Siamo capaci di risolvere piccoli e grandi problemi, dal naso che cola ad andare nello spazio. Siamo capaci di fare di tutto, forse la cosa che dovremmo fare è crederci di più. Se calcoli che fino al secolo scorso era proibito alle donne istruirsi, l’unica cosa era il matrimonio, diventare madri, insomma ne abbiamo passate, per cui è naturale che dentro ti rimangono ancora delle incertezze o delle paure. Però penso che stiamo facendo grandi sforzi e dobbiamo continuare.

Nei tuoi libri racconti di donne che vogliono riconquistarsi, donne che decidono di fare qualcosa per se stesse o che vogliono trovare il coraggio di cambiare. Da dove trai l’ispirazione per i tuoi personaggi?

Ho tratto ispirazione dalle donne che ho incontrato durante i miei viaggi, dalle mie amiche e da me. Tutte noi siamo fonte d’ispirazione, siamo tutte quante molto complesse, piene di dubbi, di contraddizioni. Ogni cosa che sperimentiamo lascia delle tracce, dei segni non soltanto fisicamente. Siamo sempre molto generose nel condividere con le altre le nostre esperienze. L’altra cosa che mi ha dato modo di ispirarmi alle donne è il fatto che abbiamo la capacità, che ci viene da anni, di trarre un vantaggio dai nostri sbagli, di imparare e non è semplice.

Non solo narrativa, non solo teatro, ma anche testi per l’infanzia. Come ti sei avvicinata a questo mondo?

Guarda, molto semplice, grazie a mio figlio. Da piccolo leggevo le favole classiche, però a lui piacevano molto anche quelle che ogni tanto inventavo. Poi naturalmente diventato grande non le ascoltava più, per cui ho iniziato a scriverle e forse è stato anche un atto per fermare quel momento. Un’altra cosa che sto facendo è quella di portare le favole anche in teatro, insieme a un amico attore e regista. Non so quando riapriranno i teatri, ma per stare vicino ai bambini sto portando avanti un progetto che si chiama “Casa dolce casa”: i bambini disegnano la casa dei loro sogni e scrivono un pensiero sul momento che stanno vivendo, sulla prima cosa che vorranno fare appena usciti. Stanno arrivando disegni da tutta Italia e abbiamo esteso anche all’estero. Faremo un e-book e doneremo il ricavato alI’Istituto Spallanzani di Roma, per la lotta contro il coronavirus.

Avendo una bimba piccola e amando la lettura, ho notato come oggi ci siano meno principesse salvate da un principe azzurro a cavallo e più personaggi in grado di decidere il proprio destino. Come è cambiata la narrativa per l’infanzia in tal senso?

Beh! In effetti la letteratura per l’infanzia è in continua trasformazione proprio perché segue e anzi spesso precorre tutti i cambiamenti sociali. Questo è un bene, perché aiuta non solo i bambini a capire nuovi scenari, questi nuovi mondi a volte complicati, ma anche i genitori. Stiamo tutti quanti, uomini e donne, cercando con fatica nuovi equilibri, nuovi modi di collaborare nella famiglia, nel lavoro. Cerchiamo di fare del nostro meglio per la salvaguardia dell’ambiente, altra cosa che oggi si trova molto nelle favole, la parità dei generi. Sono tutte nuove frontiere da conquistare, in cui la letteratura per l’infanzia sta avendo una grande importanza. Ci sono rimaste poche principesse, ci sono molte bambine ribelli, eroine che fino a poco tempo fa erano relegate in secondo piano, che oggi sono le protagoniste e questo lo vediamo non solo nei libri, ma anche nel cinema e nella televisione.

In “C’era una volta un libro di…ricette” parli di giornate da favola, di ritmi lenti, piatti semplici e gustosi preparati in famiglia. Quali sono i profumi e i sapori che ti sono rimasti impressi e ti fanno rivivere momenti spensierati della Paola bambina?

In effetti i profumi e i sapori mi sono rimasti molto più impressi che le cose visive. Quelli che mi sono venuti in mente, così, all’improvviso sono il profumo delle zagare, i pinoli, le pigne con la resina, la torta di mele che faceva mia nonna e poi il pane con l’olio e il pomodoro. Un’altra cosa è il profumo del mare, io amo il mare. Proprio perché i profumi e i sapori sono così importanti, sto scrivendo un libro per bambini con favole, per cercare di far assaporare il piacere del buon cibo, delle regole del mangiar bene, del seguir il corso delle stagioni, l’importanza di ogni pasto. Penso che la cucina, il cibo fa parte di noi e può essere una buona forma di educazione sotto molti aspetti per i bambini e per noi grandi.

In “Perchè non volo”, favola in rima per bambini, parli dell’importanza di sognare, di superare sconfitte e delusioni che inevitabilmente incontriamo per strada. Cosa puoi dire a quelle donne che hanno riposto i propri sogni in un cassetto?

“Perché non volo” è nato da quello che ti dicevo prima, da quello che ho vissuto. Avevo un sogno, quello di scrivere, e ho faticato per realizzarlo. Non so perché, mi viene in mente il libro “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf, una tra le mie scrittrice preferite. Lei è stata una che ha contribuito tantissimo a cambiare il ruolo delle donne nella società, dall’indipendenza economica ma soprattutto a quella culturale.

Se ci fai caso, tutti i suoi personaggi femminili hanno sempre un dilemma tra ciò che è giusto per la società e ciò che loro desiderano. “Una stanza tutta per sé” è avere uno spazio tutto per sé, una stanza dentro di noi, in cui custodire i nostri sogni, che non devono essere chiusi in un cassetto, ma che devono essere sempre a portata di cuore, a portata di mente. E’ importante non rimanere in silenzio, dobbiamo parlare dei nostri sogni e parlarne con le amiche, perché l’amicizia tra le donne, penso sia una delle nostre grandissime risorse.

Mi piace concludere le interviste con un messaggio: cosa vorresti dire alle donne di domani?

Non ho nessun messaggio, sono diventata nonna da pochi anni di un nipotino e una nipotina e quando li guardo quello che mi viene da dire è che spero imparino ad amare. Spero che riescano ad amare in tutte le varie forme: l’amore per la conoscenza, l’amicizia, l’amore per il prossimo, per il nostro pianeta. Nell’atto di amare c’è tutto quello che coinvolge il rispetto e il rispetto è una delle più grandi forme di civiltà, ed è quello che, soprattutto per il momento che stiamo attraversando, ci potrà dare un futuro.

Se vi va di sentire l’intervista, vi invito a cliccare sul seguente link:

Per saperne di più sul contest “Casa dolce casa” clicca qui: https://www.paolamerolli.com/casa-dolce-casa/

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