Intervista a Giovanna Colomba – artista e titolare del Laboratorio d’arte Leonardo Da Vinci.

Cari amici di “Donne con le gonne”, l’ospite di oggi è Giovanna Colomba, un’artista a tutto tondo, titolare del laboratorio d’arte “Leonardo Da Vinci”.

Entrando nella tua galleria ho l’impressione, e penso che non sia la sola, di trovarmi in un luogo incantato, al di fuori del tempo, una sorta di creatura pulsante fatta di opere vive. Ci potresti raccontare da dove nasce la tua passione?

Sì, ho dovuto creare un mondo del genere per far sì che la mia essenza potesse trovare un luogo. La mia passione nasce da piccola, quando piuttosto che fare matematica, coloravo il mio diario, creando forme, dipingendo. Poi ho intrapreso gli studi artistici, ho frequentato il liceo artistico di Trapani, ma non volevo soffermarmi su quello che mi circondava, forse perché lo vedevo ancora troppo stretto. Così mi sono messa a “battere il chiodo” con mio papà, fino a che in famiglia si sono convinti a farmi andare via e ho studiato a Firenze. Un altro mondo, ti trovi in mezzo all’Italia, era facilissimo andare a vedere una mostra, camminando per strada c’era arte a cielo aperto. Lì ho fatto l’Accademia e mi sono laureata in scultura. Poi la mia famiglia, dato che ero l’unica figlia femmina, mi ha spinto a tornare nella mia terra di origine, ho dovuto lasciare la mia Firenze, che mi è rimasta nel cuore, e sono tornata a Trapani.

Guardando il tuo lavoro, il tuo ambito, una passione come la tua in una città come Trapani poteva trovare un’ostacolo in grado di scoraggiare, invece sei riuscita a cogliere le opportunità che il territorio offriva e sei riuscita anche a trasformarlo in qualcosa di nuovo, di interessante. Questa strada, una volta tornata a Trapani, è stata una strada in discesa o ci sono dei momenti in cui hai messo in discussione il tuo percorso?

La mia passione è stata sempre quella della scultura e non l’ho voluta mai mettere in discussione, sicuramente l’ho un po’ accantonata, perché come capirai lavorare di scultura in una città come Trapani non è per niente facile e quindi ho dovuto rielaborare tutto, cercare una nuova strada. All’inizio è stato difficile, ti fai delle domande, ti dici “ho studiato, la mia passione è quella”, trovarti a fare altro, sebbene relativo al mondo della decorazione e dell’arte, un po’ comunque ti scoraggia. All’inizio mi sentivo quasi in trappola, come fossi nelle sabbie mobili, stavo quasi per omologarmi. Ad un certo punto mi sono data due schiaffi, mi sono detta: – “Esci fuori da questo pantano e inizia a mettere in campo quello che tu veramente sei. Ovviamente ho preso, un po’ per allettare e un po’ per educare all’arte, tutto quello che ogni giorno ognuno di noi ha sotto gli occhi, le mille risorse del nostro territorio. Le ho portate nel mondo dell’arte, rivisitandole, dando qualcosa di moderno e attuale. Questo mi ha permesso di entrare nella popolazione, nel campo dell’arte, non facendo più vedere l’arte come un complemento d’arredo. Il dipinto o una scultura non erano visti come qualcosa che ti poteva ispirare, che poteva colpire l’anima, ma come complementi d’arredo. C’è voluto un po’ di tempo e la pazienza di educare all’arte. Questo mi ha portato poi ad avere delle soddisfazioni più grandi. Una volta entrati all’interno del mio laboratorio, potevo spiegare tutto il mio mondo e far entrare la gente dentro un’opera, così da fargli capire che dietro a una bella immagine, può esserci un sentimento, un percorso.

Parlando dell’essere donna e dell’essere donna nel mondo dell’arte, che mi dici?

Se parliamo di arte con la A maiuscola, ancora oggi non è facile. Girando un po’ il mondo, andando in posti come Berlino, dove l’arte pulsa dalle mura della città e in qualsiasi luogo, vedo sempre più artisti uomini che artiste donne, non perché ce ne siano di più, ma perché è veramente difficile per le donne emergere nel mondo dell’arte. Anche in passato, vediamo che ci sono migliaia di uomini artisti e veramente pochissime donne, non perché non ci siano state artiste valide, ma hanno avuto più difficoltà. Oggi non è cambiato moltissimo, certo la donna è molto più intraprendente, ha la possibilità di emergere molto più facilmente.

Le tue opere sono arrivate oltre i confini Italiani. Ci potresti parlare delle esperienze più significative che hai fatto all’estero e come sono nate?

Come ti dicevo prima, mi ha salvato mettere i piedi fuori dalla mia terra, perché ti permette di prendere una boccata di ossigeno ,ma soprattutto di confrontarti con il resto del mondo, con il resto degli artisti. La cosa interessante è che mi ha permesso di arrivare così lontano, in Giappone, proprio il mio territorio, quella è stata la soddisfazione maggiore. Dei giapponesi che erano in visita a Trapani per degustare dei vini, affascinati dai nostri prodotti, dal nostro sole, dalla nostra terra, si sono soffermati in una cantina vinicola a Salemi, per la quale avevo realizzato delle etichette, e si sono invaghiti del vino, ma anche delle immagini. Curiosi di conoscermi sono venuti in laboratorio ed è nato tutto. Quando ho spiegato loro che potevo realizzare un’opera nel giro di due ore, non c’hanno più visto dalla gioia e mi hanno chiesto di andare da loro per fare una performance dal vivo, durante la presentazione di questi vini ai loro clienti giapponesi. Non me lo sono fatta dire due volte, ho preparato le valigie e sono andata in Giappone. Lì tutto un altro pianeta, scopri nuovi mondi, nuovi modi di fare che ti lasciano qualcosa e che io trasmetto in quello che faccio. E’ stata veramente un’esperienza bellissima.

Tornando al tuo laboratorio, quali sono le attività che svolgi all’interno?

Essendo la mia seconda casa, forse la prima perché sto più in laboratorio che a casa, si svolgono tantissime attività: oltre a quelle didattiche come corsi d’arte, di pittura, di scultura, di ceramica rivolti sia ai bambini che agli adulti, ci sono anche momenti di svago, dove l’arte si fonde con qualcos’altro. Ci sono state occasioni in cui il laboratorio si è trasformato in un Jazz Club: abbiamo realizzato alcuni eventi durante i quali chi entrava poteva sedersi, gustare un bicchiere di vino, un aperitivo, un primo piatto su un piatto decorato a mano e nel mentre vedere un concerto jazz e la mia performance live, in cui dipingevo un’opera. Quel posto cerco di viverlo a 360° e ogni volta che entra qualcuno che ha un’idea che si lega all’arte, lo accetto ben volentieri. Abbiamo fatto dei momenti dedicati al teatro e all’arte figurativa, è sempre un continuo viavai di persone.

Riguardo alle fasi del processo creativo, ce le racconteresti? Ci sono delle fasi preparatorie, degli appunti? Come funziona?

Questa è una delle domande forse più intime che si possono fare. Per la realizzazione di un’opera c’è un input. Quando parlo di opere faccio una distinzione, perché la parte che più pulsa in me, quella della scultrice mi fa aprire dei mondi. Io dico sempre che chi mi vede fare un’opera, una scultura è come se mi vedesse fare l’amore, sta entrando in una sfera veramente intima, mia, personale. In quel momento è come se non fossi lì. La materia, che può essere il gesso, l’argilla, il legno, in quel momento mi coinvolge completamente. Ovviamente tutto nasce da un’idea, dentro di me deve esserci ad esempio una sofferenza enorme, che mi permette di tirar fuori una forma, intrappolarla e farmela vedere…è una sorta di terapia. Mi è successo diverse volte che magari avevo dentro un mare in tempesta e sono riuscita a tirar fuori quel sentimento, intrappolarlo nella forma, nella materia e poi averlo davanti a me, vederlo davanti ai miei occhi. Quello mi permetteva di farlo uscire dal mio corpo, ma al tempo stesso di rendermene conto, di essere consapevole di quello che stava avvenendo. Questo è un processo creativo quasi inspiegabile. Poi ci sono i processi creativi più coscienti, che mi permettono di fare delle opere che io chiamo “commerciali”, quelle che mi danno da vivere. Ovviamente in queste, tutto quello che può accattivare la vista dello spettatore è uno studio, osservazione che poi viene intrappolata in colori, forme.

Quali progetti hai per il futuro?

Il mio progetto è dedicarmi alla scultura, perché il mio percorso, da quando sono Trapani, è stato quello di creare un qualcosa che mi permettesse di poter campare di arte, poterci vivere. Adesso posso dire che ci sono riuscita, lavoro e non mi mancano le commissioni. Ora sento che è arrivato il momento di fare quello che veramente mi fa pulsare il sangue, quindi di dedicarmi alla scultura. Ho una marea di idee che avevo messo dentro ad un armadio e sto riaprendo quell’armadio, rispolverando quelle idee.

A me piace terminare questi appuntamenti con un messaggio: cosa vorresti dire alle donne di domani?

Essere una donna è qualcosa di speciale, sono felicissima di essere nata donna. Forse vorrei dire di invidiare, di imitare solo una cosa nell’uomo, la propensione al raggiungimento dell’obiettivo. Noi donne spesso ci mettiamo da parte, a volte rinunciamo a qualcosa, pur di fare altro. L’uomo a volte non pensa, ma agisce per arrivare all’obiettivo. Penso che le donne abbiano qualcosa in più, mi spiace, ma lo penso! Alle donne di domani voglio dire di pensare un po’ di più da uomo, rinunciando meno. Oggi c’è chi per lavoro a volte rinuncia a fare un figlio o altro. Rinunciare meno a qualcosa e avere come scopo il raggiungimento dell’obiettivo.

Se vi va di sentire l’intervista, vi invito a cliccare sul seguente link:

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