
“Frida Kahlo, pata de palo!” – i ragazzini la prendevano in giro.
Quella che era la cocca di papà Guillermo, a sei anni si ammalò: poliomielite si disse, in realtà studi recenti hanno affermato si potesse trattare di spina bifida. Ad ogni modo, non è questo quello di cui vi voglio parlare.
Di Frida che, diciamolo chiaramente, oggi va molto di moda, mi ha colpito la tenacia e la voglia di farcela, nonostante il dramma di una condizione fisica precaria, che senza troppi problemi avrebbe potuto piegare il carattere di chiunque.
Nasce nel 1907, ovvero 3 anni prima della rivoluzione di Zapata e Pancho Villa. Secondo una personale licenza, diceva di essere nata nel 1910 e di essere “figlia della rivoluzione”.
Appena quindicenne conobbe l’amore della sua vita, Diego Rivera. Il Ministro per l’istruzione aveva, infatti, dato l’incarico a degli artisti di celebrare il Messico. A Diego era toccata la scuola frequentata da Frida.
Con Diego scoccò la scintilla: lui era un uomo fatto, aveva 36 anni e sapeva come andava il mondo, era stato in Russia e aveva conosciuto Stalin. Con lui condivideva l’amore per l’arte e la passione per la politica, in particolare per le idee di sinistra. Lei era una ragazzina, ma la sua parlantina, le sue idee e il suo carattere di fuoco la rendevano affascinante e irresistibile.
Nonostante la sua esile gamba, spesso nascosta da pesanti calze e lunghe gonne ingombranti, questa chica sembrava poter realizzare quello che voleva. E invece no, un altro imprevisto provò a fermare Frida. L’autobus che doveva riportarla a casa ebbe un incidente e un’asta metallica del corrimano la trafisse da lato a lato.
“Non è che sono malata. Sono a pezzi. Ma fintanto che potrò dipingere, va bene così”.
Un mese di ospedale e tre di convalescenza. Frida riuscì a rimettersi. Non del tutto. Subì ben 32 interventi nel corso della sua vita e, a causa delle ferite riportate, nessuna delle gravidanze fu portata a termine.
Ma torniamo all’incidente, costretta a casa Frida cominciò a dipingere. I suoi posizionarono uno specchio sul soffitto, per consentirle di ritrarsi durante la lunga convalescenza a letto. Dipingeva ciò che la circondava e soprattutto sé stessa, la persona con cui trascorreva più tempo. A 19 anni il suo primo autoritratto.
Nel 1929 il matrimonio con Diego Rivera: lui apprezzava la sua arte, il suo carattere, la lasciava libera di esprimersi. La presenza di Diego era, però, ingombrante e a tratti complicata da gestire. Diego aveva alle spalle due matrimoni e ad attenderlo, oltre alla vita matrimoniale con Frida, tante storie amorose, una delle quali con la stessa sorella di Frida, Cristina. Frida non si perse in chiacchiere e, pur soffrendo, rese pan per focaccia, costruendo relazioni con personaggi noti come Lev Trotsky e il poeta André Breton.
Nella vita dell’artista, un momento in particolare segnò la svolta: a Diego furono offerti diversi lavori negli USA e lei lo seguì.
In quell’occasione, l’America si innamorò di Frida: le fu dedicata una copertina da Vogue e uomini e donne insieme cominciarono ad apprezzarla per il suo essere diretta e per la sua bellezza autentica, che sfidava i tradizionali canoni.
Ricoperta dai suoi abiti indigeni, Frida è diventata un simbolo, un inno alla vita. La sua arte porta con sé il dolore delle esperienze vissute, non risparmiando nulla allo spettatore: corpi feriti, aborti, lacrime, una realtà a tratti onirica che ti butta giù con feroce crudezza, ma che poi ti guarda negli occhi, obbligandoti a rialzarti e a reagire nonostante tutto.
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