Florinda Saieva è una donna visionaria che dieci anni fa, insieme al marito Andrea, ha dato il via ad un progetto rivoluzionario per la Sicilia e per il paese che lo ospita. Allora conosciuto probabilmente solo a noi siciliani, Favara è diventato noto in tutto il mondo, riuscendo ad attirare artisti da ogni Nazione.

Se non l’avete capito Florinda è la donna che ha creato la “Farm Cultural Park” di Favara.

A seguire vi lascio degli estratti, mentre per la videointervista basterà cliccare al link di seguito:

Dieci fa, Florinda e il marito hanno lasciato Parigi, sono tornati a Favara, hanno acquistato delle case e le hanno iniziate a ristrutturare.

A Florinda ho chiesto se la Farm di oggi rispecchia quello che era il progetto originario.

Sebbene la Farm sia nata come Centro di Arte Contemporanea, l’arte è diventata strumentale, rappresenta cioè non lo scopo, ma il mezzo per far sviluppare la comunità di un territorio. Questa evoluzione ha dato molto spazio alla formazione per bambini e adolescenti.

Come ogni progetto presumo ci siano stati degli ostacoli lungo il cammino. Quali sono stati e come li avete superati senza abbattervi?

La diffidenza e la cultura del territorio sono stati i primi ostacoli da superare. Naturalmente ce ne sono stati tanti altri, dalle relazioni con le persone, poiché dovevamo far capire alla gente del luogo cosa volessimo fare, agli intoppi di tipo buracratico.

Non ci siamo mai fatti scoraggiare da questi ostacoli, al contrario quando ci siamo trovati in difficoltà, abbiamo dichiarato la nostra debolezza. Se c’è un problema bisogna dirlo. Spesso dall’esterno siamo concepiti più grandi di come siamo, in realtà sia come persone che come organizzazioni abbiamo delle debolezze che solo condividendo possiamo superare.

Oltre questo, ci hanno aiutato la tenacia e la costanza nel voler raggiungere i nostri obiettivi.

Una volta un mio amico mi disse: – “Se qualcuno ti sta dicendo che non si può fare, sei sulla buona strada per essere un innovatore”.

Qualcuno ha parlato di “effetto Farm”. Cosa ha innescato questo progetto?

La cosa più bella di Farm è la dimensione umana e il fatto di aver restituito la dimensione della “possibilità”. Favara era un territorio su cui mai nessuno avrebbe investito e soprattutto creduto. Il fatto che questa cosa sia stata realizzata a Favara ha infuso coraggio, speranza e possibilità in altre persone e territori. Ha generato tante altre realtà che nel mondo sono state ispirate da Farm e tante persone che hanno deciso di fare cose diverse, più nelle proprie corde.

Farm restituisce la libertà di essere sé stessi. Spesso siamo abituati a vivere le vite che gli altri vogliono che viviamo o che gli altri si aspettano e quindi viviamo ingabbiati in uno stereotipo che gli altri ci hanno dato.

Farm, dando la possibilità di rendere possibile quello che apparentemente sembra impossibile, ha dato la spinta a tante persone, a tanti territori per far accadere delle cose. In Sicilia stanno accadendo tante cose, non per forza grazie a Farm, ma anche grazie allo spirito che Farm ha generato.

Cosa si trova dentro Farm?

Farm è una sorta di Casbah siciliana che insiste in un cortile all’interno del quale anticamente c’erano sette corti. Queste piccole casette ristrutturate ospitano mostre, esibizioni, performance. Farm è un polo d’attrazione e aggregazione.

L’aspetto più importante, però, sono le attività educative: abbiamo una scuola di architettura per bambini, che ha lo scopo di restituire loro la dimensione del gioco e fare in modo che attraverso gli incontri e i laboratori, possano imparare a elaborare un pensiero critico. Organizziamo diversi festival, uno interamente dedicato agli adolescenti, un altro ai cortometraggi. Abbiamo creato la “Biennale delle città del mondo” organizzata ogni due anni. Di recente, infine, siamo usciti fuori dal Cortile e a Palazzo Miccichè abbiamo avviato un processo di deurbanizzazione.

Sempre più spesso si parla di parità, ma pochi fanno qualcosa di concreto. TU lo hai fatto attraverso “Prime Minister”. Raccontaci di cosa si tratta.

Il 51% della popolazione è donna, ma abbiamo una percentuale bassissima delle donne in politica. Questo mi ha portato a riflettere e insieme con l’associazione Movimenta abbiamo dato vita a “Prime Minister, una scuola di politica per giovani donne“, perché anche le donne possono essere una Prima Ministra. Attraverso questa scuola scommettiamo sulle leader di domani e investiamo nella loro formazione, infatti abbiamo scelto una fascia di età tra i 14 e i 19 anni. La scuola nata a Favara, ha avuto un’edizione a Napoli e sta per nascere a Roma e in tanti altri posti d’Italia.

C’è tanto desiderio di cambiamento, ci siamo stancate di essere considerate invisibili e vogliamo che le scelte vengano prese tenendo conto del nostro punto di vista, ma per questo dobbiamo essere anche noi a fare delle scelte.

Come sempre ci siamo lasciate con un messaggio, ma preferisco che lo sentiate direttamente da Florinda, perché le sue parole sono intrise di coraggio e potenza!

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